Il 15 dicembre 2021 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 198 del 30 novembre 2021 (“Decreto”) che ha attuato la direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, abrogando l’art. 62 del D.L. n. 1/2012 (conosciuto anche come “Decreto Cresci Italia”), convertito dalla legge n. 27/2012.
Come noto, il mercato agroalimentare è caratterizzato da considerevoli squilibri nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti e la produzione agricola, per sua natura, è caratterizzata da forte incertezza a causa di diversi fattori (fra tutti, la deperibilità e la stagionalità delle produzioni). Pertanto, il legislatore europeo e quello nazionale sono intervenuti per contrastare tale fenomeno negativo che interessa la comunità agricola.
Riportiamo di seguito alcune riflessioni preliminari in merito a questa nuova importante normativa.
Ambito di applicazione
Il Decreto si applica alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari, tra i quali vino, mosti e uva (“Prodotti”), nei contratti “business to business” (B2B). Sono interessati tutti gli operatori della filiera agroalimentare a prescindere dal fatturato di fornitori e acquirenti.
Rimangono quindi esclusi dall’ambito di applicazione del Decreto i contratti di vendita di tali Prodotti “business to consumer” (B2C), i quali rimangono soggetti alle disposizioni contenute nel c.d. Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005).
La forma scritta e gli elementi essenziali
Il legislatore ha previsto che i contratti di cessione dei Prodotti debbano essere obbligatoriamente stipulati per atto scritto prima della consegna dei beni. Detta forma è soddisfatta anche mediante documenti equipollenti (documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto) purché, in questi casi, le parti abbiano già stipulato un accordo quadro.
Oltre ad essere informato ai principi generali di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, il contratto o l’accordo quadro devono contenere alcuni elementi essenziali: durata, quantità e caratteristiche del prodotto venduto, prezzo, modalità di consegna e di pagamento.
I contratti in commento non possono avere durata inferiore a 12 mesi, “salvo deroga motivata, anche in ragione della stagionalità dei prodotti”.
L’obbligo di durata annuale non opera nel caso di contratti di cessione nel settore della somministrazione di alimenti e bevande in pubblico esercizio (bar e ristoranti), in quanto le forniture non sempre possono essere stabilite annualmente in ragione della stagionalità dell’attività.
Le pratiche commerciali sleali
Il Decreto distingue tra pratiche ritenute sleali tout court e perciò sempre vietate – cd. black list – e altre – cd. grey list – che si presumono invece vietate (con una presunzione di carattere relativo), salvo che siano state concordate tra le parti in termini chiari ed univoci.
Tra le varie pratiche sempre vietate è compreso il versamento del corrispettivo oltre un determinato periodo dopo il termine di consegna: 30 giorni per i Prodotti deperibili e 60 giorni per i Prodotti non deperibili. Si sottolinea che l’abrogato art. 62 faceva decorrere il termine dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura.
A determinate condizioni, è consentito derogare al suddetto divieto nell’ambito di contratti di cessione tra fornitori di uve o mosti per la produzione di vino. Tale deroga si giustifica con le particolari caratteristiche di questi prodotti, posto che le uve sono raccolte solo in un periodo dell’anno limitato, ma sono utilizzate per produrre vino che, in alcuni casi, sarà commercializzato anche molti anni dopo.
Effetti giuridici
La violazione delle disposizioni dettate in materia di pratiche commerciali sleali determina la nullità (parziale) della singola clausola, senza travolgere l’intero contratto.
Le previsioni dettate a contrasto delle pratiche commerciali sleali rivestono il carattere di norme imperative e, nei rapporti transfrontalieri, si impongono ai contraenti a prescindere dalla legge scelta per la regolamentazione del contratto di cessione dei Prodotti. Dette disposizioni prevalgono, inoltre, sulle eventuali discipline di settore con esse contrastanti.
Autorità nazionale di contrasto e sanzioni
La vigilanza sul rispetto della normativa è demandata all’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione delle Frodi (“ICQRF”), che potrà avviare indagini di propria iniziativa o a seguito di denuncia.
Le sanzioni amministrative previste ed irrogabili ad opera dell’ICQRF hanno natura pecuniaria.
Il quantum delle sanzioni dipende dal fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, in misura variabile a seconda della natura dell’illecito commesso con un limite massimo pari al 10%. Inoltre, sono previsti limiti sanzionatori minimi variabili da Euro 1.000,00 a Euro 30.000,00.
La normativa negli altri Stati membri
In Germania la Direttiva è stata recepita con la legge Agrarorganisationen-und-Lieferketten-Gesetz (AgrarOLkG), entrata in vigore il 9 giugno 2021. L’AgrarOLkG si estende a qualsiasi ente – anche estraneo alla filiera agroalimentare purché non rientri nella definizione di “consumatore” – che acquisti Prodotti anche per non scopi commerciali (ad esempio, una banca che gestisce una mensa). L’Ufficio federale per l’agricoltura e l’alimentazione (Bundesanstalt für Landwirtschaft und Ernährung) può irrogare sanzioni fino a 750.000 euro per ciascuna violazione.
La Francia ha recepito la Direttiva con l’Ordonnance n. 2021-859 del 30 giugno 2021 (in vigore dal 1° novembre 2021), che vieta tre nuove pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare, che fino ad allora non rientravano nei divieti di cui agli articoli L. 442-1 e ss. del codice di commercio francese: significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti, vantaggio senza corrispettivo e rottura “brutale” delle relazioni commerciali consolidate.
In Spagna il 15 dicembre 2021 è stata pubblicata la legge 16/2021 che, nel recepire la Direttiva, modifica la legge 12/2013. Il legislatore spagnolo ha scelto di ampliare l’ambito di applicazione della precedente legge a tutti i rapporti contrattuali della filiera alimentare, eliminando la precedente limitazione determinata sulla base di alcune caratteristiche come il fatturato o situazioni di dipendenza economica. Oggi sono comprese anche le imprese alberghiere e i servizi di ristorazione.
Conclusioni
Le disposizioni del Decreto si applicano a tutti contratti di cessione dei Prodotti conclusi dalla sua entrata in vigore (15 dicembre 2021), mentre i contratti già in corso di esecuzione a tale data devono adeguarsi entro il termine di 6 mesi (quindi entro il 15 giugno 2022).
Alla luce di queste novità legislative, è opportuno che tutti gli operatori della filiera agroalimentare riesaminino i propri contratti di fornitura già in essere, li predispongano e sottoscrivano ove mancanti, rivedano la propria documentazione commerciale e contabile (ad es. eliminando ogni riferimento al “vecchio” art. 62) nonché, in generale, le proprie pratiche commerciali, al precipuo fine di non incorrere nelle gravose sanzioni previste.
Inoltre, nel caso di contratti stipulati con operatori stabiliti in altri Stati membri, è opportuno valutare la relativa disciplina di attuazione della Direttiva (spesso inderogabile) che potrebbe sovrapporsi a quella italiana.
Nicola Baù
Partner
nicola.bau@L2Bpartners.com
